«Aiutare sia gli anziani che il nostro Servizio Sanitario Nazionale»

Pochi giorni fa la Presidente Meloni dichiarava «Un sistema sanitario efficace è l’obiettivo di tutti, ma sarebbe miope concentrare tutta la discussione sull’aumento delle risorse». In molti si sono precipitati a commentare il non ottimale timing della sua dichiarazione (i tagli) con questi commenti: «Come dire: il taglio dei fondi alla sanità non è un problema». O anche: «Non basta spendere di più per risolvere i problemi se poi le risorse vengono usate in modo inefficiente». 

Non sono un tecnico e non mi avventuro in analisi complesse su questa o quella scelta per migliorare il nostro Servizio Sanitario Nazionale. Ho però una visione delle cose che parte dalle persone, dagli anziani, dalla oggettiva distanza che li separa sia dalle cure che dalla assistenza. La distanza abissale per avere un decente servizio di assistenza sociale a casa, qualcuno che aiuti a fare la spesa nei piccoli Comuni delle aree interne, un accesso semplice ai prelievi, e via dicendo. E ho in mente una strategia che il DDL 33/2023 enuncia in sé e, speriamo in modo ancora più chiaro, con i decreti attuativi a cui in molti stiamo lavorando: muovere fuori dagli ospedali, integrandole, cure e assistenza. 

Sogno un servizio capace di avvicinarsi alle persone, raggiungendole nelle loro case, con una rete di personale ed un continuum assistenziale presente sul territorio, in grado di individuare con tempestività i più bisognosi, i non autosufficienti e soprattutto i fragili, coloro che vivono presso la loro abitazione in equilibrio precario, sospesi tra il poter restare a casa, con un piccolo aiuto, e il dover precipitare in ospedale, in RSA, in un hospice. Uno Stato presente è quello capace di intervenire esattamente in quel momento ed in quella situazione, vicino alle persone, consapevole delle loro difficoltà. Allora, e solo allora, sarà efficace ed efficiente, capace cioè di raggiungere il suo scopo – aiutare gli anziani – e di farlo in modo ottimale, senza sprechi. 

È però del tutto evidente che tagliare non basta: occorre investire per rendere efficiente il sistema! I 14 milioni di anziani sono ovviamente, per numeri, domanda e spessore epidemiologico dei loro problemi, il riferimento naturale di una vera riforma del sistema. E la Presidente Meloni, proprio per la riflessione da cui parte, dovrebbe considerare il ddl 33 come il vero punto di partenza per una trasformazione radicale del sistema. Uso il condizionale dal momento che mi sembra la legge di bilancio così come si delinea non prevede nessun investimento sulla 33 ad eccezione di quanto iscritto nel PNRR. Ma resta indubitabilmente vero che, se da una parte, l’assistenza agli over 65 non è affatto adeguata, dall’altra lo spreco esiste, e come. 

Alcune analisi mettono in evidenza la quota monstre di ricoveri inappropriati – oltre 1,3 milioni – nel solo 2022, ma molta letteratura recentissima punta il dito su coloro che si recano con frequenza impressionante nei Pronto Soccorso – i cosiddetti frequent users – senza trovare le risposte che cercano. Per non parlare delle difficoltà di dimissione di molti reparti ospedalieri, che allungano ben oltre il dovuto la permanenza in ospedale. Tre esempi di spreco delle risorse, e, aggiungo, spreco con danno! Quanti anziani escono da ricoveri prolungati molto peggio di come sono entrati, confusi, allettati, denutriti. Non perché i nostri ospedali siano scandenti, tutt’altro, ma perché sono utilizzati in modo sbagliato per supplire alle carenze formidabili del territorio. Si calcola che lo spreco possa essere superiore ai 10 miliardi. 

Cara Presidente, le crisi sono il momento in cui si deve volare alto. Lei ha avuto una intuizione e deve essere conseguente: le riforme non si fanno con i tagli, ma con gli investimenti. Le chiedo due cose: la riforma del ddl 33 è profonda e richiederà da una parte una cornice regolatoria nazionale e unitaria, con l’istituendo CIPA, dall’altra che venga attuata in modo graduale per sperimentazioni. Le propongo di verificare con rigore come una presenza assistenziale sul territorio possa davvero ridurre lo spreco. Basterebbero 200 milioni l’anno per le sperimentazioni per 3 anni per iniziare questo movimento dagli ospedali alle abitazioni, ai centri diurni integrati, ai centri multiservizi nelle aree interne. Ho visto con i miei occhi come l’Italia sia piena di buone pratiche, e con la FIASO le stiamo vagliando e valorizzando. Buone pratiche che possono e debbono fare sistema. Una riforma che dall’alto regola e omogenizza, ma lascia proporre dal basso, dai territori, dalla integrazione di servizi, persone, esperienze a livello sociale. 

Sento parlare di grandi finanziamenti per le infrastrutture che ovviamente sono importanti. Ma mi pare saggio quanto ha stabilito il Presidente Biden nel suo American Jobs Plan e l’American Families Plan del 2021 investendo circa il 20 per cento dell’intero ammontare del programma (4.000 miliardi…) nella assistenza domiciliare dei disabili e degli anziani non autosufficienti, assistenza considerata essa stessa una infrastruttura sociale di primaria importanza. Una seconda cosa le chiedo: pensi a quei 100.000 anziani che l’ISTAT stima vivere in casa da soli, con redditi non superiori ai 600 euro, con difficoltà motorie e senza aiuto alcuno, familiare, privato o pubblico. Un altro miliardo per loro! Che non finiscano male, in ospedale o RSA, con dolore e con grande spreco. Le grandi riforme si fanno a partire dagli ultimi, glielo dico da credente, spero lei condivida.